Non sempre si parla in modo corretto di tracheotomia in ambito di distrofia di Duchenne, soprattutto da parte degli organi di informazione. Con la presente nota cerchiamo di fornire un contributo di chiarezza
I progressi tecnici raggiunti nel corso degli ultimi quindici anni hanno consentito un significativo ridimensionamento delle indicazioni alla tracheotomia nelle malattie neuromuscolari che sviluppino insufficienza ventilatoria cronica. Per questa ragione, tale intervento viene attualmente riservato solo a un numero limitato di casi.
Secondo i dati di una recente indagine condotta dalla Comunità Europea, alla quale chi scrive ha partecipato in qualità di rappresentante nazionale italiano, i malati neuromiopatici sottoposti a ventilazione meccanica per via tracheostomica nel nostro Paese sono in proporzione di uno a quattro, rispetto a quanti vengono avviati al cosiddetto trattamento ventilatorio non-invasivo.
Per altro, le condizioni che rendono indispensabile il ricorso alla tracheotomia sono state precisate in una serie di documenti ufficiali redatti dalle principali società scientifiche pneumologiche europee ed americane (European Respiratory Society, American Thoracic Society, American College of Chest Physicians).
Per quanto poi riguarda i casi di decesso, essi rappresentano una complicanza estremamente rara dell'intervento di tracheotomia (certamente inferiore all'1%).
Tale procedura, pertanto, in mani esperte risulta sicura e affidabile, una risorsa e non un pericolo per i pazienti che ne presentino indicazione (ad esempio coloro che abbiano evidenziato gravi disturbi della deglutizione, con rischio di inalazione).
Insufficienza respiratoria acuta
Una percentuale significativa di decessi tra i soggetti affetti da distrofia di Duchenne viene generata da un episodio di insufficienza respiratoria acuta (IRA), la quale può essere contrastata efficacemente mediante un approccio terapeutico non-invasivo, quale quello proposto negli Stati Uniti da John Bach, che pertanto dev'essere divulgato e promosso. Non va per altro tralasciato che esistono casi in cui il ricorso a tale protocollo risulta fallimentare: manovre invasive quali l'intubazione tracheale divengono allora inevitabili.
In Italia l'applicazione di protocolli diretti ad ottimizzare il trattamento dell'emergenza respiratoria nel malato neuromuscolare è ancora insufficiente: la UILDM e l'Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) hanno intrapreso uno sforzo comune diretto a definire e diffondere raccomandazioni e linee-guida che razionalizzino tale approccio terapeutico.
AMEN